Dic 2017

Le montagne sono le sentinelle del cambiamento climatico: esse rispondono rapidamente, e in modo spesso amplificato, alle variazioni del clima e agli impatti delle attività umane. Per rendere consapevoli del ruolo che le montagne rivestono in molteplici ambiti l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata internazionale della montagna nel dicembre 2003.
“Montagne sotto pressione: clima, fame e migrazione” è il tema proposto per la Giornata Internazionale della Montagna 2017. “Come ci ricorda UNEP”, dice Paolo Bonasoni, dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Cnr (Isac-Cnr), “quasi un miliardo di persone vive in zone montane e oltre la metà della popolazione umana dipende dalle montagne per l’acqua, il cibo e l’energia pulita. Eppure le montagne sono minacciate dai cambiamenti climatici e più in generale dal degrado della terra. L’aumento delle temperature significa anche che i ghiacciai montani si stanno sciogliendo a ritmi senza precedenti, influenzando le forniture di acqua dolce a valle per milioni di persone”.
“Considerando che circa il 22% della superficie terrestre è coperta da montagne, esse svolgono un ruolo fondamentale nel sostentamento e benessere di 915 milioni di persone che vivono i territori montani in tutto il mondo”, prosegue il ricercatore. “Di questo sostentamento ne beneficiano anche indirettamente miliardi di persone che vivono a valle poiché le “terre alte” forniscono acqua dolce, energia e cibo – risorse che, come dice la FAO, saranno sempre più scarse nei prossimi decenni. Le montagne ospitano il 13% della popolazione mondiale e di questa percentuale il 90% vive nei paesi in via di sviluppo, dove una vasta maggioranza vive al di sotto della soglia di povertà. Ma le comunità montane hanno anche una ricchezza di conoscenze e strategie accumulate nel corso di generazioni, su come adattarsi alla variabilità del clima”.

“Anche la ricerca scientifica è toccata da questo evento perché questa giornata è per noi lunga un anno, nel silenzio delle informazioni raccolte quotidianamente nelle infrastrutture di ricerca montane del CNR, prima tra tutte l’Osservatorio “O. Vittori” a Monte Cimone (http://www.isac.cnr.it/cimone/)”, sottolinea Bonasoni. “Infatti, le stazioni di ricerca poste in alta quota, come quella di Mt. Cimone, forniscono alla scienza naso e occhi per lo studio dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento. Nella dozzina di stazioni globali afferenti al programma GAW-WMO, come Monte Cimone (l’unica stazione globale attualmente attiva in Italia e nel Bacino del Mediterraneo) le osservazioni ed attività di ricerca sono attive 24/24 e 365/365. Le osservazioni di un’ampia gamma di composti climalteranti contribuiscono a meglio comprendere lo stato di salute del Pianeta e a fornire stime sulle emissioni a livello regionale e continentale. Tale attività rientra pienamente nell’ambito Sistema Informativo Integrato Globale dei Gas Serra (IG3IS) del WMO. Le osservazioni pluriennali condotte a Mt. Cimone rivelano la chiara efficacia del Protocollo di Montreal nella mitigazione delle emissioni di sostanze attive dal punto di vista radiativo e dannose per lo strato di ozono stratosferico, mettendo tuttavia in evidenza alcune significative deviazioni dal completo rispetto del protocollo. Misure di altri composti atmosferici (fra cui ozono e black carbon) hanno messo in evidenza tendenze in diminuzione per questi composti che sembrerebbe riflettere l’effetto delle misure messe in atto a per la mitigazione di composti dannosi per la qualità dell’aria”.

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