Mar 2015

Per secoli ha suscitato timore negli uomini che non ne comprendevano il significato, oggi l’eclissi di Sole è un evento che richiama curiosi e appassionati. La mattina del 20 marzo 2015 il Sole viene nuovamente oscurato dalla Luna.

Il fenomeno, oltre ad essere uno spettacolo suggestivo, è anche un’occasione imperdibile per chi fa ricerca. “L’eclissi produce un calo veloce della radiazione solare e, di conseguenza, dell’energia disponibile per i processi chimici e dinamici soprattutto negli alti strati atmosferici”, spiega Claudio Rafanelli, direttore dell’Istituto di acustica e sensoristica del Cnr (Idasc-Cnr) di Tor Vergata (Roma). “Questo perché la radiazione solare scompare del tutto nella zona d’ombra, ma resta in parte sia nella sua componete diffusa, sia in quella diretta nella zona di penombra. Per il mondo della ricerca il fenomeno è importante perché è l’unico momento in cui è possibile osservare la corona solare e studiarne la composizione e la dinamica; negli altri momenti la radiazione proveniente dal sole è così intensa da mascherarne la visione”.

L’Italia, e il Cnr in particolare – con l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) e l’Idasc, è coinvolto in ricerche legate allo studio della radiazione solare.

“La stratosfera è una zona tra circa 10 e 50 km di altezza dove si presentano numerosi reazione fotochimiche. Alcune di queste sono fondamentali per dare vita allo strato di ozono e definire la concentrazione di questo gas alle diverse altezze”, dice Vito Vitale, Isac-Cnr. “E’ quindi ragionevole aspettarsi che la rapida diminuzione di radiazione conseguente all’eclissi sia in grado di cambiare l’intensità di tali processi e quindi influenzare il profilo di concentrazione di ozono”.

L’Idasc-Cnr ha attivo dal 1994 un progetto di ricerca sulle concentrazioni di Ozono stratosferico in Antartide, in Argentina e a Ny Alesund (isole Svalbard). Questi studi consentono di verificare l’efficacia dei programmi internazionali di protezione dell’ozono.

Sui progetti del Cnr in Artico, Enrico Brugnoli, direttore del Dipartimento di scienze del sistema Terra e tecnologie per l’ambiente, dichiara: “sta per iniziare una nuova campagna di misure in Artico, in particolare proprio alle isole Svalbard. Ad esempio, in collaborazione con i norvegesi, stiamo realizzando, presso la ‘Climate change tower’, un piccolo pozzo che ci consentirà di misurare lo stato del permafrost e del ghiaccio alla base della torre”.

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