Apr 2014

Ogni anno in Toscana vengono prodotte circa 500 tonnellate di lana grezza, di queste solo una parte è destinata alla produzione di tappeti rustici, filati per maglieria grossolani, riempitivi di materassi, mentre una significativa quantità è considerata materiale di scarto e viene smaltita come rifiuto speciale o indirizzata verso filiere non nazionali. Con l’obiettivo di dare un nuovo valore a questa risorsa e di verificare una nuova politica produttiva sostenibile di tessuti ottenuti da lane provenienti da razze ovine locali, il Cnr ha condotto il progetto ‘Filiera del tessile sostenibile’.
Un’iniziativa che ha riunito mondo scientifico, istituzioni e partner imprenditoriali verso la ricerca di nuove soluzioni di recupero della lana locale, a partire dalla costituzione di una filiera locale ‘tessile  sostenibile’, in grado di coniugare tutela ambientale, valorizzazione del territorio e sostegno al mestiere artigiano.
“Da ‘onere’ per gli allevatori in termini di smaltimento e ingombro, la lana può diventare una risorsa con risvolti economico-sociali e culturali per i territori”, spiega Francesca Camilli dell’Ibimet-Cnr. “Oltre al tessile per l’abbigliamento e l’arredamento, sono stati individuati altri settori di applicazione interessanti, come l’agrotessile, nel quale abbiamo sperimentato il possibile utilizzo di dispositivi pacciamanti per il florovivaismo e di ammendanti del terreno a base di lana in fiocco e triturata”. Ma il concetto di ‘tessile sostenibile’ deve essere compreso e condiviso anche dai consumatori. “La nostra indagine ha permesso di appurare che solo una minima parte di quanti acquistano capi di abbigliamento in lana considera la sostenibilità un elemento determinante”, aggiunge Elena Pagliarino del Ceris-Cnr. “Occorre quindi lavorare per aumentare la consapevolezza e la conoscenza dei marchi legati al rispetto ambientale”.

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