Lug 2014

D’ora in poi si potrà produrre  idrogeno in modo più sicuro, efficiente, e con un basso impatto ambientale. È la scoperta di un team dell’Istituto di chimica dei composti organometallici del Consiglio nazionale delle ricerche (Iccom-Cnr) di Firenze, diretto da Francesco Vizza e illustrato su ‘Nature Communications’.

“ Fino a oggi l’idrogeno si otteneva dal metano, attraverso un metodo che produce CO2 e quindi inquina”, spiega Vizza. “ Finora l’ unica ‘alternativa pulita era quella dell’elettrolisi dell’acqua, processo che implica la scomposizione dell’acqua in ossigeno e idrogeno ‘a zero emissioni’, ma  che ha un elevato consumo energetico e presenta problemi di sicurezza poiché il mescolamento dei due elementi può generare miscele esplosive. Attraverso la nostra ricerca  abbiamo messo a punto un elettrolizzatore in grado di produrre idrogeno, ma non ossigeno, a partire da soluzioni acquose da alcoli rinnovabili (etanolo, glicerolo o altri alcoli superiori estratti da biomasse), ottenendo un risparmio energetico del 60% rispetto all’elettrolisi dell’acqua. Come era noto, infatti, per rompere l’acqua in presenza di alcoli serve meno energia rispetto a quella necessaria quando c’è solo acqua. Nessuno prima del nostro gruppo aveva pensato di sfruttare queste caratteristiche degli alcoli rinnovabili per la produzione di idrogeno”.

Diverse le potenziali ricadute tecnologiche della ricerca. “L’idrogeno pulito e a basso costo energetico, opportunamente immagazzinato, potrebbe servire per generare corrente elettrica da qualche kWh fino a potenze più alte: generatori di corrente portatili e stazionari, a zero impatto ambientale. Inoltre permette di ottenere, a partire da alcoli rinnovabili, composti ad alto valore aggiunto, utili nell’industria cosmetica e tessile (derivati del glicerolo e del glicole etilenico), alimentare (acetato da bioetanolo) e nella produzione di plastiche biodegradabili (acido lattico da propandiolo), attualmente ottenuti solo mediante costosi ed inquinanti processi industriali”, conclude Vizza.

La ricerca è stata finanziata dal progetto europeo Decore e dal progetto Hydrolab2 dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, le cui due unità di ricerca sono coordinate rispettivamente da Alessandro Lavacchi e Francesco Vizza.

 

 

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