Lug 2018

Uno studio dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti del Consiglio nazionale delle ricerche di Pozzuoli (Cnr-Isasi) in collaborazione con il Centro di ricerca e biotecnologie avanzate Ceinge, propone una nuova metodologia per l’identificazione e la caratterizzazione di globuli rossi malati, aventi una morfologia simile a quelli sani. La tecnica, basata su parametri ottici dei globuli rossi, apre a nuovi metodi diagnostici per molti tipi di anemia e per i disordini ematologici in cui la forma del globulo rosso risulti alterata. Il lavoro è stato pubblicato su ACS Analytical Chemistry.

“Grazie a una tecnica avanzata di imaging 3D abbiamo dimostrato di poter discriminare globuli rossi malati, aventi caratteristiche morfologiche simili rispetto al campione di controllo sano”, spiega Martina Mugnano, ricercatrice Cnr-Isasi. Inoltre, per individuare i globuli rossi malati viene sfruttata la capacità dei globuli stessi di funzionare come lenti di ingrandimento. “Tramite questa tecnologia laser e sfruttando la capacità dei globuli rossi di comportarsi come microscopiche lenti dotate di particolari proprietà di ingrandimento e ‘messa a fuoco’, è possibile stilare un pannello di ‘marcatori ottici’ per poter identificare ciascun globulo rosso e poter quindi risalire alle diverse forme di anemia”, aggiunge Pietro Ferraro, direttore dell’Istituto.

Sfruttando la proprietà di biolente del globulo rosso, recentemente dimostrata dal Cnr-Isasi e apparsa sulla rivista Nature Communications, il team è riuscito a dimostrare la capacità di un globulo rosso in sospensione di comportarsi come una microlente, modulando la sua lunghezza focale e sfruttando la sua capacità di fare imaging, mettendo a fuoco diversi oggetti. Con questo nuovo criterio diagnostico è possibile discernere tra globuli rossi sani e malati, mediante l’analisi dei punti focali, applicata a centinaia di cellule disposte come una schiera di microlenti. Partendo da questa precedente scoperta i ricercatori sono riusciti ad identificare e isolare i più diffusi tipi di anemia, come la sideropenica o la talassemia. L’anemia sideropenica è la condizione in cui sono presenti anemia – cioè un deficit della quantità di emoglobina utile al trasporto dell’ossigeno nel sangue – e una chiara evidenza di carenza di ferro, le sindromi talassemiche sono invece alterazioni congenite del sangue, che portano all’insorgenza della malattia.

L’anemia è spesso il risultato di alterazioni nel numero, nella produzione e nel metabolismo dei globuli rossi. Gli esami più utilizzati nella valutazione iniziale della malattia prevedono quindi l’emocromo completo, mentre per un’indagine più approfondita si ricorre all’analisi della morfologia cellulare con l’osservazione dello striscio di sangue periferico, in grado di dare informazioni sui difetti di produzione dei globuli rossi, evidenziando anche variazioni delle dimensioni globulari (anisocitosi) e della forma (poichilocitosi).

“L’analisi dello striscio di sangue periferico è, tuttavia, legata all’esperienza del medico che osserva le cellule al microscopio e quindi non scevra da errori. Con questo nuovo strumento diagnostico sarà possibile fornire ai medici un test più affidabile e veloce, che andrà ad integrare i consolidati esami di laboratorio per la diagnosi delle anemie. Grazie alla natura interdisciplinare del team di ricercatori, costituito da biotecnologi, fisici, ingegneri e medici, è stato possibile raggiungere questo traguardo che avrà un forte impatto sulla diagnostica in ambito ematologico”, afferma Achille Iolascon, ordinario di Genetica Medica dell’Università Federico II di Napoli e Principal Investigator del Ceinge. Il gruppo di ricerca è composto da Antonella Gambale, Roberta Russo e Immacolata Andolfo, del Ceinge e del Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche della Federico II e da Martina Mugnano, Pasquale Memmolo, Lisa Miccio, Francesco Merola e Vittorio Bianco dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti “E. Caianiello” del Cnr.

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