Riduzione dal TG2 Dossier – Il reportage ‘Artico, gli ultimi ghiacci’ di Giulia Apollonio dalle isole Svalbard, dove il surriscaldamento è tre volte più veloce che nel resto del pianeta. Il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) da 25 anni gestisce la stazione di ricerca Dirigibile Italia. Dagli anni Settanta il ghiaccio marino artico è diminuito del 40% e i dati raccolti sul campo dicono che entro il 2050 ci saranno estati artiche senza ghiacci. Minacciato anche dalla fusione del permafrost, il suolo, che fino a pochi anni fa era permanentemente ghiacciato, potrebbe liberare grandi quantità di gas serra in atmosfera scaldando ulteriormente il pianeta. I ricercatori del Cnr, in collaborazione con numerose Università italiane e enti di ricerca europei, studiano costantemente l’estensione e lo spessore dei ghiacci a nord del circolo polare in quanto le conseguenze del riscaldamento in Artico si ripercuotono sull’intero pianeta.
L’Italia è presente dall’inizio degli anni Novanta, quando il Cnr decise di investire stabilmente nelle attività scientifiche in Artico. “E’ una ricerca di lungo termine per monitorare e prendere dati ambientali, chimico, fisici, sullo stato dell’ambiente e quindi poi modellare, prevenire e prevedere l’evoluzione dell’impatto climatico, visto che qui abbiamo l’amplificazione artica e quindi l’impatto climatico è più evidente. La ricerca deve occuparsi di ambiente perché oggi dobbiamo recuperare l’equilibrio con il nostro pianeta, con la vita, con la natura. Non è soltanto per vivere un futuro in equilibrio. Oggi dobbiamo anche recuperare perché siamo andati troppo avanti”, sostiene Maria Chiara Carrozza, la Presidente del Cnr.
La base italiana in Artico è un avamposto scientifico importantissimo per la ricerca climatica e ambientale. L’obiettivo inizialmente era indagare l’inquinamento atmosferico, oggi questo è un punto cruciale anche per le ricerche di oceanografia glaciale, dinamica del ghiaccio marino, evoluzione dei ghiacciai continentali, e fusione del permafrost e per comprendere meglio il cambiamento climatico in atto. “L’Artico è il punto del pianeta dove maggiore è il riscaldamento climatico causato dall’uomo e questo è il primo motivo per gli studi del Cnr in questa zona. Il secondo è l’inquinamento, in particolare dell’atmosfera, che deriva da ciò che noi mettiamo nelle aree industriali e nelle aree cittadine del resto del pianeta e ai sempre più estesi incendi della regione boreale. Vogliamo capire come arriva fino qui e che impatto ha su questo ambiente fragile”, spiega Fabio Trincardi, direttore del Dipartimento di Scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente del Cnr. “Abbiamo una serie temporale di misura delle temperature dell’atmosfera che fa vedere sui 25 anni di osservazione che abbiamo noi, che ogni 10 anni la temperatura media qui in Artico aumenta di un grado”.
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