Mar 2018

Roma, (askanews) – Come un microcosmo l’area del Mediterraneo riflette le grandi sfide del nuovo millennio come crescita demografica, disoccupazione, migrazioni, contrasto alla povertà, effetti del cambiamento climatico. E se è vero che sul Mediterraneo si affacciano Paesi con forti differenziali di crescita, sviluppo economico e democrazia pure non mancano caratteristiche comuni tra le due rive. Di questo si è parlato al convegno ‘L’area mediterranea tra disoccupazione, emigrazione e nuove opportunità di sviluppo economico’, organizzato a Roma nella sede centrale del Consiglio nazionale delle ricerche dall’Istituto di studi sulle società del Mediterraneo del Cnr. Paesi e storie diverse sulle due sponde, ma il destino dell’area – è stato sottolineato – è comune e va affrontato in modo globale. L’Europa, ha sottolineato il presidente della Fondazione per la Collaborazione fra i Popoli Romano Prodi, dovrebbe ampliare lo sguardo e non limitarsi a intervenire su singoli problemi come fatto finora. “Tante politichette e mai una grande politica. Grande politica vuol dire avere mezzi, unità di azione e idee. Una grande politica come noi abbiamo fatto con l’allargamento che ha fatto sviluppare quei Paesi in modo enorme, lasciamo stare che poi creino problemi politici. Evidentemente nessun paese del sud sarà mai membro dell’Ue, perché noi non siamo membri dell’unione africana. Quello che io dico è che il rapporto politico stretto, forte deve essere fatto, creando un grande mercato nel sud e rapporti molto stretti con il nord”.

Al centro dell’incontro i risultati della 13° edizione del “Rapporto sulle economie del Mediterraneo-Edizione 2017” dell’Issm-Cnr, incentrato sul lavoro come spiega il direttore dell’Istituto Salvatore Capasso: “È il prodotto di una ricercatrice dell’Issm-Cnr Eugenia Ferragina che si è spenta proprio in occasione della presentazione di questo lavoro. Quest’anno il focus del rapporto è sul mercato del lavoro, in particolare si è soffermato sul mercato del lavoro delle fasce più fragili della società, cioè i giovani e le donne. Ne emerge apparentemente un quadro omogeneo: quindi alti tassi di disoccupazione tra i giovani e le donne e bassi tassi di occupazione. Eppure – spiega Capasso – le ragioni sono molto diverse. Mentre nei Paesi della riva nord (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia) questo alto tasso di disoccupazione dei giovani è legato a frizioni nel mercato e a una stagnazione dell’economia, nei Paesi della riva sud, che negli ultimi anni sono riusciti a crescere nonostante la crisi, è dovuto alla demografia, alla forza demografica che ha fatto affluire grosse masse di lavoratori nei mercati che, anche crescendo, questi non sono riusciti ad assorbire”.

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