Nov 2014

Lo scopo della terapia farmacologica della malattia di Parkinson è compensare il deficit di dopamina. Il trattamento principale è ancora la somministrazione di levodopa, molecola che ha la funzione di aumentare la concentrazione di dopamina nel cervello, riducendone gli effetti collaterali . Il primo periodo di trattamento del Parkinson viene definito honey-moon (luna di miele). In questa fase la maggior parte dei pazienti vive la malattia senza particolari problemi. Dopo circa 5-10 anni, nell’80% di questi pazienti, iniziano a insorgere complicazioni motorie chiamate discinesie, caratterizzate da movimenti involontari che possono portare a gravi complicazioni, estremamente invalidanti, e le cui cause sono ancora ampiamente oscure. La pratica clinica può intervenire solo modificando il dosaggio di levodopa.

I ricercatori dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr) di Catanzaro, in collaborazione con l’Irccs Fondazione Santa Lucia di Roma, hanno realizzato una ricerca per scoprire cosa accade nel cervello dei pazienti, prima e dopo l’assunzione di levodopa. Lo studio è pubblicato sulla rivista Brain.

“L’obiettivo del lavoro era scoprire quale alterazione funzionale si registra nel cervello dei parkinsoniani che soffrono di forti discinesie”, afferma Antonio Cerasa, ricercatore dell’Ibfm-Cnr. “Abbiamo compreso che la terapia con levodopa produce una disfunzione di uno specifico network cerebrale nella corteccia frontale inferiore, dove è localizzata una stazione criticamente patologica”. “A seguito di questa scoperta, si è provato a modulare l’attività disfunzionale di quest’area utilizzando la stimolazione magnetica transcranica”, prosegue Giacomo Koch del Santa Lucia. “Abbiamo così verificato che, inibendo l’attività di questa regione della corteccia prefrontale, è possibile ridurre sensibilmente la gravità delle discinesie”.

“Se saranno confermati i risultati di questo studio sperimentale, condotto utilizzando le più avanzate metodiche di neuroimaging e di neurofisiologia, potremo realizzare nuovi protocolli terapeutici in cui al trattamento farmacologico verrà abbinato un protocollo di neuro-stimolazione utile per ristabilire la funzionalità motoria dei pazienti, migliorando conseguentemente la loro qualità di vita”, conclude il responsabile dell’Ibfm-Cnr di Catanzaro Aldo Quattrone.

Leave a Reply

  • (will not be published)