Ago 2021

“Il Cnr risponde” è lo spazio di informazione in pillole video di due minuti, dedicato alle principali questioni di attualità.
Per ‘vertigine’ si intende un disturbo caratterizzato da una spiacevole e illusoria sensazione di movimento, che può essere percepito come un senso di rotazione o anche di ribaltamento di sé stessi o dello spazio circostante.
“Le vertigini derivano da una alterata elaborazione delle informazioni che riguardano il nostro schema corporeo in rapporto all’ambiente circostante; questo può verificarsi per un disturbo che ha sede a livello dei recettori periferici (dove vengono raccolte le informazioni sensoriali dalla periferia del nostro corpo, come il labirinto, un organo dell’orecchio interno) o per una erronea interpretazione di tali informazioni a livello del sistema nervoso centrale, o entrambe le condizioni insieme”, spiega Fabiana Novellino, ricercatrice dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr (Cnr-Ibfm) di Germaneto (Cz).

In realtà le vertigini non sono una malattia di per sé, ma piuttosto un sintomo che può essere causato da condizioni cliniche molto diverse fra loro.
“Si tratta di un disturbo relativamente frequente nella popolazione che, con diversa gravità in base alla patologia che ne è la causa, può presentarsi in modo differente, sia per quel che riguarda la modalità di insorgenza che l’intensità e il protrarsi nel tempo”, prosegue Novellino. “Le vertigini possono essere un sintomo legato a patologie otorinolaringoiatriche – dalla vertigine posizionale benigna alla labirintite, alla malattia di Ménière, oppure espressione di patologie neurologiche – malattie cerebro-vascolari, traumi cranio-cervicali, cefalea, o ancora un effetto collaterale di alcuni farmaci. In genere si accompagnano ad altri sintomi, frequentemente di tipo neurovegetativo (nausea, vomito e tachicardia), e, a seconda della patologia che ne è alla base, a disturbi di tipo otologico (ipoacusia, acufeni) e di tipo neurologico focale, come diplopia, disequilibrio o cefalea”.

Altra cosa è il termine vertigine per come è usato nell’accezione popolare, per indicare una generica difficoltà nel sostare ad altezze più o meno elevate. “In realtà questo tipo di disturbo non è una vera vertigine, ma è  una paura delle altezze e dei luoghi elevati – come piani alti di edifici, balconi, talvolta perfino una scala – che spesso si accompagna a sintomi fisici come tachicardia, tremore, capogiro, ed è riconducibile alla sfera ansiosa”, specifica la ricercatrice. “Entro certi limiti, è una sensazione che funge da campanello di allarme e ha l’utilità fisiologica di individuare un potenziale pericolo, portandoci ad evitare situazioni in cui possiamo correre il rischio di cadere nel vuoto. uando però questo timore diventa eccessivo al punto tale da creare forte sofferenza e disagio, è possibile parlare di una vera e propria fobia che viene in questo caso definita “acrofobia”.

Ma cosa bisogna fare in caso di vertigini? “Le vertigini devono essere valutate in un contesto multidisciplinare, che coinvolge specialisti operanti in aree mediche diverse, prevalentemente la neurologia e l’otorinolaringoiatria e affiancando alle valutazioni cliniche anche le opportune indagini strumentali. Questo approccio consente di ottenere un corretto inquadramento del singolo caso e la più corretta gestione dell’iter diagnostico e terapeutico”, conclude Novellino.

 

 

 

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